Vania
COMPAGNIA OYES - MILANO
La rilettura che Stefano Cordella fa del testo di Checov riflette, come uno specchio, la nostra società ferma e immobile nelle sue frustrazioni. Una società dove, spesso, una sorta di limbo raccoglie e accoglie chi è troppo vecchio per rifiorire e troppo giovane per morire, dove la maggior parte dei trentenni vagano senza meta, si aggrappano al passato e guardano al futuro con occhi disillusi. Il proposito di Cordella è proprio quello di raccontare, attraverso i personaggi del dramma russo, le paure, il senso di vuoto, la difficoltà di sognare che contraddistinguono i nostri tempi.
Siamo in un paesino di provincia, il professore vive attaccato ad un respiratore artificiale con conseguenze tragicomiche sul resto della famiglia. Anche qui come nello “Zio Vanja†i personaggi sono insoddisfatti della loro vita, e davanti alla possibilità di cambiamento e rinnovamento si trovano a fare i conti con i freni che essi stessi operano. Così la giovane moglie del professore, il fratello Ivan, la figlia Sonia, il Dottore sono in scena a confrontarsi con la paura d’invecchiare, i sensi di colpa, il timore di non essere all’altezza. Il rischio è sopravvivere senza vivere.
ideazione e regia Stefano Cordella • drammaturgia collettiva con Stefano Cordella, Francesca Gemma, Vanessa Korn, Fabio Zulli • disegno luci Marcello Falco • costumi e realizzazione scene Stefania Corretti, Maria Barbara De Marco • organizzazione Giulia Telli • produzione Compagnia Oyes – Milano